Maradona non era un uomo perfetto, ma era quello che riusciva a realizzare il sogno più perfetto! E molto spesso quel sogno era il nostro.
Maradona ha saputo portare gioia in contesti afflitti da fame, ingiustizie, camorra, disoccupazione e che invece hanno trovato arte e sorriso attraverso imprese sportive che non si sarebbero potute materializzare senza di lui.
Maradona, o semplicemente Diego ma anche giocatore ed artista. Un tango di Gardel oppure un racconto di Eduardo Galeano. La parola “Maradona” è diventata un titolo che si meritano solo gli atleti o le persone che eccellono in quello che fanno: “Il Maradona del basket, del tennis, dei Carpazi, del poker o della cucina”. Semplicemente il suffisso Maradona, diventa sinonimo di coraggio, di “identificazione del migliore“, perché quando ti affibbiano quel titolo è perché sei incomparabile in quello che fai.
Diego è stato l’alfiere di squadre umili che hanno sconfitto i potenti, o che sono diventate potenti essendo umili come successo al Napoli o con l’Argentina dell’86.
25 novembre 2020
Nel giorno in cui Maradona è morto, Diego è diventato immortale. A Calcutta hanno acceso candele per le strade. Lo stadio San Paolo di Napoli è diventato un posto di pellegrinaggio per tifosi in lacrime e da lì a poco ha cambiato anche nome con il Santo che lascia il posto al 10. In Messico, allo Stadio Azteca hanno scritto un messaggio: “Esci dalla mano di Dio”. In tutto il mondo i giornali titolavano che “D10S è morto”.
In ogni angolo dell’Argentina ci sono stati commozione, riti, raduni e la sensazione che un Paese intero non poteva riuscire a dormire né a smettere di piangere.
Indimenticabile per…
1.Mano de Dios
C’è stato un solo 22 giugno 1986 e molteplici ricordi di una partita gloriosa, unica non solo per capire il calcio ma anche per capire la cultura popolare argentina.
Quante volte abbiamo concentrato i nostri occhi per focalizzare quel pugno che si è alzato nel cielo ad anticipare quella che sarebbe stata una facile parata di Peter Shilton? Quante volte abbiamo giustificato (correttamente?) l’inganno e l’onorevole malizia di Maradona che ha esercitato il “volere di Dio per punire gli inglesi che avevano ucciso così tanti argentini alle Malvinas”?
2. Gol del Secolo
La mano de dios ed il gol del secolo sono stati due distinti momenti della stessa partita. 4 minuti separano infatti due dei gol più famosi dell’intera storia del calcio.
Quando Maradona ha iniziato a correre con la palla portando a spasso gli inglesi, uno di loro ha cercato di atterrarlo, ma Diego era già a tre metri di distanza. Nessuno ha potuto fermarlo e neanche Shilton ha potuto impedire a Maradona di insaccare quello che sarà votato nel 2002 dalla Fifa come il gol più bello di tutto il secolo scorso.
3. Napoli
Quella di Diego a Napoli è una delle storie d’amore più belle tra un popolo ed il suo condottiero.
Era nel suo destino che dovesse diventare il “Dio del Calcio” passando dalla strada più difficile, ovvero non attraverso le scontate vittorie di uno storico e ricco club come il Barcellona, bensì facendo diventare grande un piccolo Club.
Napoli ha venerato il suo idolo: i vicoli stretti e umidi, accolgono ancora oggi un’iconografia popolare sotto forma di graffiti e murales dedicati al genio argentino, in un’eterna consacrazione alla figura del grande capitano.
Per Napoli è stato un creatore esagerato di quell’entusiasmo tipico della gente del sud. Non era uno qualunque Diego: quando è arrivato a Napoli nell’84 era già un calciatore di fama mondiale che arrivava in una squadra non di primissima fascia e finalmente a tutti è apparso possibile che il Napoli e la città potessero competere con le squadre e le realtà del Nord Italia, che da sempre vantavano rose di giocatori ed economie diverse.
Nella stagione 1986/87 il Napoli vince il primo storico scudetto con Maradona che diventa il leader indiscusso di una squadra ancora per certi versi modesta. In quello stesso anno al Napoli guidato da Ottavio Bianchi riesce anche l’accoppiata con la vittoria in Coppa Italia ai danni dell’Atalanta.
Inoltre il 1989 rimane una data storica, poiché è l’anno in cui il Napoli conquista il suo primo ed unico titolo europeo: la Coppa UEFA contro lo Stoccarda.
4. Dalla parte dei deboli
Maradona si è sempre identificato con i più deboli, probabilmente per via delle sue umili origini. E’ lui che ha organizzato, nel 2018 quando era allenatore, una cena di beneficenza per la popolazione di Sinaloa colpita da un uragano. E’ sempre lui che nel 1985 ad Acerra, ha giocato una partita di beneficenza (senza il permesso del Napoli) per raccogliere fondi da donare per l’operazione di un bambino malato. Ed è sempre lui che nel 1995 ha fondato l’Unione Internazionale Calciatori perché tutti sapevano quello che sapeva lui, ma nessuno osava “mettersi contro Blatter ed Havelange”.
5. Italia ’90
Il 3 Luglio 1990 al San Paolo di Napoli la semifinale dei Mondiali è Italia – Argentina. Ma è soprattutto Maradona a casa sua davanti a quella gente che sapeva stimolare toccando le corde giuste. Il capopopolo riesce a dividere a metà lo stadio con quella frase: “l’italia si ricorda dei Napoletani solo quando ha bisogno del sostegno per la Nazionale mentre gli altri 364 giorni sono solo terroni”.
Lo stadio quella sera era diviso… Impossibile per un napoletano rimanere impassibile davanti a Maradona. Dopo l’1-1 fino ai supplementari l’Italia perde ai rigori l’accesso alla finale del Mondiale di casa e la delusione italiana cova fino agli inni nazionali suonati in apertura della Finale Argentina- Germania.
La finale invece è a Roma dove per il pubblico italiano, ancora scottato dalla sconfitta in semifinale, Maradona è l’unico bersaglio già dal riscaldamento quando si alza il coro “Chi non salta Maradona è”.
La scena principe è però al momento dell’inno nazionale, in uno stadio non più diviso come a Napoli ma questa volta unito contro l’unico nemico, quando l’Olimpico inghiottisce completamente l’inno argentino con un boato di fischi. Maradona davanti a tutto questo rimane fermo e rigido ma non impassibile ed aspetta solo il momento giusto per veicolare al mondo la sua rabbia e la sua vendetta: “Hijos de Puta“. E ripete: “hijos de puta” davanti alla telecamera che si avvicina.
Tre parole che Diego, nella sua autobiografia, sottolineò di aver detto piano e senza urlare, come se lo stesse dicendo in faccia, uno per uno, a chi sugli spalti si macchiava a sua volta di un gesto ignobile.
6. Usa ’94
Maradona arriva ai Mondiali del ‘94 soltanto all’ultimo. La squadra argentina, battuta dalla Colombia, va ai playoff in cui rientra Diego, e si qualifica per il Mondiale con l’ultimo posto disponibile.
Diego sa che il Mondiale americano è il suo canto del cigno e che la squadra ha bisogno del suo carisma. All’esordio tutto cambia: l’incertezza nel gioco che la squadra aveva evidenziato nel suo percorso di avvicinamento al Mondiale lascia spazio al ruggito del leone: lo storico urlo per le telecamere dopo il gol alla Grecia è la faccia dell’Argentina che sognava di poter essere campione. Ma il finale è stato diverso con frasi e lacrime amare…
7. Live is life
In equilibrio con il pallone sulla testa. Ginocchio, coscia, un salto di nuovo sulla testa ma il pallone non cade mai. Il corpo ruota in una danza, salta e sono solo applausi perché Vivere è Vita e Maradona ha vissuto così come ha giocato.
Ho conosciuto la “Veronica” di Zidane e rimasto stregato dal Superclasico di Buenos Aires . Seguo più gli eventi sportivi da divano che quelli mondani da drink in mano.
what do you think?