Essere adolescenti a Buenos Aires ai tempi di Maradona a Napoli
“Futbol Asado e Vino, sono il gusto del popolo argentino”
Se ti piace il futbol argentino ed hai la fortuna di visitare quei territori oltre che il privilegio di assistere ad un Superclasico tra River e Boca, da quel momento in poi l’unica cosa che vorresti è poter parlare quell’idioma e circondarti di amici porteñi con cui condividere quelle passioni.
Ascoltare un bonairense parlare è pura poesia. L’accento, gli slang, le movenze…pura poesia l’ho già detto.
Ariel Matias Aelion è un ragazzone di oltre 40 anni nato a Buenos Aires che ho avuto modo di conoscere durante il mio viaggio nel Paese del Sol de Mayo.
D’altronde come fai a non voler bene ad uno che si chiama Ariel come ORTEGA e Matias come ALMEYDA.
Da quasi 10 anni Ariel passa la maggior parte dei mesi dell’anno a Calafate, un puntino sperduto nel deserto patagonico da dove è possibile raggiungere facilmente il Ghiacciaio del Perito Moreno.
Gestisce una struttura ricettiva L’Hosteria La Estepa, che è essa stessa un’esperienza di viaggio. A Calafate puoi dormire in uno dei tanti Hotel Internazionali o presunti tali con mille stelle e comfort oppure scegli la genuinità e la bellezza del paesaggio appena fuori il centro abitato e dormi da Ariel esattamente.
Giusto per farvi capire, oltre al sottoscritto, anche Roger Federe ha dormito qui–
E’ uno coraggioso Ariel, non è stato facile lasciare la metropoli e trasferirsi alla fin del mundo facendone una scelta di vita più che di Business. Parliamo dell’Argentina, un Paese che oggettivamente è in ritardo di 30 anni rispetto al nostro orologio socio-economico. E’ un po’ come pensare che in Italia, negli anni ’90 un milanese imbruttito potesse lasciare la madunina e trasferirsi a Locri per gestire un B&B. – No, non succedeva. –
Con Ariel puoi parlare di tutto, ma con un argentino ad un certo punto devi per forza parlare di Futbol. Ed ovviamente se parli di Futbol ad un certo punto della chiacchierata quel nome viene fuori ed allora… Maradona sia.
E’ un piacere condividere qui di seguito le sue parole ed i suoi ricordi di quando con gli occhi di un adolescente guardava e viveva quella città che ad un certo punto si ritrova a seguire le sorti di un idolo, Maradona, che a metà degli anni ’80, si appresta ad iniziare la sua avventura a Napoli, probabilmente la più argentina per costume e cultura, tra le città italiane.
Ciao Ariel recuerde que los italianos somos el pueblo mas argentino che puede buscar nel mundo. A voi…
Guardavamo tutti verso Napoli
Il calcio era diverso. L’Italia poi in quegli anni era la mecca del calcio mondiale a cui potevano accedere solo una manciata di calciatori di livello internazionale: mi ricordo di Platini, Boniek, Falcao … e poi Maradona.
Non solo il calcio era diverso. Eravamo diversi anche noi.. Adolescenti entusiasti ed ammaliati dalla magia di Diego, non abbiamo avuto esitazioni a seguirlo virtualmente a Napoli, così come avevamo già fatto prima quando era andato al Barcellona.
Pensando all’Italia, la squadra del Napoli per molti di noi non era tanto nota: personalmente mi ricordo il Milan degli olandesi, la Juventus che mostrava anche all’epoca un calcio impressionante, ed ovviamente l’Inter. Ma da qui, da Buenos Aires per noi è stato naturale a quel punto unirci al Napoli per amore di Diego, anche se sapevamo che non era la squadra più forte.
Ad ogni modo, a metà degli anni ’80 non si poteva essere argentini senza essere del Napoli. Quella maglietta blu, così poco abituata ai successi, diventava nostra per la sola presenza di Diego.
Sapevamo che Maradona poteva far materializzare i sogni più impossibili, ed in quegli anni di liceo, il calcio invadeva tutti i nostri spazi di conversazione naturalmente con l’eterno dibattito Boca, River e San Lorenzo, ma su un punto eravamo tutti d’accordo, eravamo tutti di Napoli.
Immagina un Mondo non globalizzato
Non erano ancora gli anni della televisione via cavo perciò era difficile rimanere aggiornati. Ricordo però uno dei canali di Buenos Aires, città ricca di emigranti italiani, trasmetteva il calcio della Serie A ogni domenica. Inoltre il fuso orario ci aiutava Perchè in Italia giocavano molte ore prima che scendessero in campo le nostre squadre del campionato argentino, senza sovrapposizioni.
Per seguire Diego (che poi non è detto che davano la partita del Napoli), io ed i miei coaetanei rinunciavamo alla colazione in famiglia la mattina, ad andare in chiesa o a giocare al pallone in cortile. Eravamo tutti davanti alla televisione come fossimo tifosi distanti undicimila chilometri dal San Paolo e tutti in attesa di una magia del 10. Anche se mandavano una partita diversa, attendevamo solo il messaggio in diretta del “…napoli in vantaggio…” per esultare come se fosse un gol della nostra squadra del cuore.
La vittoria dell’Argentina nel Campionato del Mondo nell’86 in Messico ha offuscato la nostra mente di ragazzi. L’equazione era del tutto semplice perchè se quella nazionale era diventata campione del mondo grazie alle invenzioni ed alle giocate di Maradona, pensavamo ed eravamo convinti che la stessa cosa potesse succedere al Napoli: l’impresa di vincere la Serie A. Una squadra modesta che raggiunge la vetta del calcio italiano grazie alle gesta ed al talento del più grande 10 argentino di tutti i tempi. Ragazzi è successo! Ed è stato difficile seguirlo passo passo. Benedetta Incoscienza!
Non c’era internet, nessun quotidiano o video online, solo qualche notizia in piccolo nei quotidiani sportivi argentini. Ma per noi, a quell’età, non era abbastanza: c’era qualcuno dei miei amici che cominciava a scrivere ai parenti in Italia per recuperare materiale esclusivo ed introvabile. Facevamo a gara a chi avesse il poster più bello di Maradona con la 10 del Napoli.
Poi ad un certo punto abbiamo scoperto un’edicola che portava a Buenos Aires un giornale italiano che abbiamo cominciato ad apprezzare con devozione religiosa: Il Guerin Sportivo. Era costosissimo, facevamo la colletta tra di noi ed ogni settimana andavamo a comprarlo con la speranza che ci fosse materiale sul Napoli per vantarci in giro.
Io ho imparato così a leggere e capire quel poco di italiano che mastico oggi, grazie a quella rivista ed alla mia voglia matta di leggere ed avere continue informazioni su Diego. Addirittura sui nostri zaini della scuola attaccavamo le foto che ritagliavamo dal Guerin Sportivo e studiavamo quelle pagine ti assicuro con molta più dedizione della storia o della geografia. In quel periodo ho imparato la geografia dell’Italia grazie alle squadre di calcio: sapevo dove era Bergamo per via dell’Atalanta, piuttosto che Avellino, piuttosto che conoscere i nomi di tutti gli stadi della Serie A. Ma soprattutto sapevo tutto del Napoli, ogni statistica.
Quando la nostra profezia si è avverata ed il primo scudetto divenne realtà, la mattina del 10 maggio 1987, “c’eravamo” virtualmente tutti al San Paolo, contro la Fiorentina anche se fisicamente ero sotto il poster di Maradona in camera mia e non mi meravigliai quando a fine partita anche i vicini uscirono di casa per condividere la gioia per la vittoria del napoli di Maradona, tutti orgogliosi del nostro connazionale.
Quella domenica, qualche ora dopo, negli stadi argentini non c’era rivalità, ma c’era un solo argomento di cui parlare ed andare fieri perché sentivamo quella vittoria come se fosse nostra. Come se fossimo anche noi devoti al loro santo, a San Gennaro.
Ho conosciuto la “Veronica” di Zidane e rimasto stregato dal Superclasico di Buenos Aires . Seguo più gli eventi sportivi da divano che quelli mondani da drink in mano.
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