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Calcio

Premier [Money] League

I Club della Premier in mano straniera. Numeri e curiosità almeno fino alla Brexit.

Calciatori di altissimo livello, Stadi di lusso, diritti televisivi e d’immagine da record, Hooligans in via d’estinzione ed un calcio dinamico ed emozionante. Sembra proprio che la Premier di oggi sia il campionato più bello del mondo.

NIENTE SESSO SIAMO INGLESI

La sterlina inglese da sempre è stata in grado di attrarre investimenti esteri, ragion per cui molta dell’economia anglosassone è in mano a soggetti stranieri ed il business del calcio non è rimasto fuori da questa corsa. Gruppi di investitori hanno salpato l’oceano arrivando dagli Stati Uniti, altri sono milionari russi con imprese poco chiare, altri ancora sono sceicchi asiatici e persino un intero Paese ad un certo punto ha messo soldi (un sacco di soldi nel Manchester City) per giocare il campionato inglese che per certi versi somiglia ad un tavolo della roulette.

Così come in un Casinò anche qui i profitti possono arrivare a superare ampiamente quelli che si potrebbero raggiungere giocando in borsa ma anche le perdite possono essere catastrofiche. In tutto questo ambiente di speculazione finanziaria c’è chi gode come un matto: i tifosi

Giusto per capire, la sola città di Manchester con lo United ed il City nel 2016 ha avuto ricavi per per la pazza cifra di 1.910 MLN di €uro.

La grandezza dei numeri si capisce confrontando questo singolo dato con il totale degli introiti che tutta la Lega ha generato nell’anno – comunque record – del 2007, quando gli introiti di tutta la Premier League arrivavano al già impressionante valore di 2.800 MLN.

Le leggi britanniche consentono ai Club di poter essere acquisiti da chiunque ne abbia il denaro per comprarle, senza fare tante domande. La Federcalcio inglese ha sì inasprito i regolamenti su questo punto per verificare più che altro chi possa permettersi di comprare un club, ma è anche vero che già in quegli anni la Football Association sottolineava a riguardo come non sia corretto discriminare gli investitori a causa della loro nazionalità.

Tutto questo flusso di denaro ha negli anni fatto sì che i prezzi si siano gonfiati con l’effetto di trascinare tutto il calcio europeo in una spirale di follia. Il Manchester City è un facile esempio di chi ha speso cifre incredibili, arrivando a pagare tanti milioni i suoi acquisti. In generale però vi è una corsa alla vittoria da raggiungere a suon di milioni di sterline modificando poi tutto il mercato europeo (e ci chiediamo perché Bertolacci ha avuto una valutazione di 20 MLN nel passaggio dalla Roma al Milan?).

Inoltre questo volere tutto e subito impatta ovviamente in negativo sui settori giovanili e sulle divisioni inferiori: in controtendenza rispetto alla tradizione conservatrice del calcio inglese.

Dei club storicamente grandi praticamente tutti hanno una proprietà o un accesso a capitali stranieri. Nel frattempo tutte queste società si stanno indebitando (anche con se stesse se vedi il Chealsea di Abramovich) e spendono fortune con un grosso rischio: se le aziende sbagliano ed accumulano debiti poi impossibili da onorare sono sicuro che questi magnati faranno le valigie per tornare a casa loro, mentre il club sarebbe costretto successivamente a vivere anni bui.

GIOCHI MILIONARI DI UN POVERO RUSSO

Il russo Roman Abramovich aveva 37 anni nel 2003, quando comprò il Chelsea e cancellando i debiti del club. Era già conosciuto come uno dei nuovi oligarchi emersi dopo la caduta dell’Unione Sovietica dove aveva costruito la sua fortuna economica all’inizio degli anni ’90, beneficiando della politica di privatizzazione del presidente Boris Eltsin e fondando la compagnia petrolifera Sibneft. Inoltre è stato anche rappresentante della DUMA e nel 2006 la rivista lo ha nominato l’uomo più ricco di madre Russia nonchè undicesimo uomo più ricco del pianeta.

Quando arriva a Londra vuole far diventare il Chelsea la migliore squadra del Mondo e vuole arrivarci attraverso i soldi: vince subito due premier e nel 2012 per la prima volta nella sua storia il club londinese vince la Champions League. Ma intanto Abramovich ha fatto un solco irreversibile ed individuato un modello di calciomercato: tutti i suoi acquisti sono a prezzi superiori ai valori reali di mercato, ma nell’era del tutto e subito non importa. Ha pagato ad esempio 48 milioni di dollari per il ghanese Essien e 57 per l’ucraino Shevchenko già a quel tempo (e prezzo) lontano parente del giocatore che fu.

Il russo, da quando è arrivato ha investito nel club una cifra monstre per oltre 1.200 milioni di dollari ed anni fa la stessa UEFA ha indagato la sua compagnia Sibneft che pareva proprietaria del CSKA Mosca, quindi la UEFA ha avviato un’indagine su un possibile conflitto di interessi: l’entità proibisce allo stesso proprietario di avere due squadre nella stessa competizione europea.

In realtà, il club Stamford Bridge, non è l’unico gioco su cui Abramovich punta le sue fiches: la sua origine ebraica lo ha portato a investire in compagnie in Israele, ha comprato un castello a Brasov, in Romania, dove visse il Conte Vlad, meglio conosciuto come Dracula. Ha costruito un parco giochi privato per i suoi figli, speso 122 milioni per un dipinto in trittico di Francis Bacon o regalato 40 ettari di Luna alla sua nuova fiamma…al gusto non si comanda.

L’EMIRATO IN CALZONCINI

Se per Abramovich il Chelsea è un capriccio milionario, per l’Emiro di Abu Dhabi, il Manchester City è un investimento strategico in modo che l’emirato non dipenda solo dal petrolio. Il club è diventato una politica statale e il denaro non è un problema: il patrimonio della famiglia reale è stimato in oltre 700 miliardi di dollari.
Il presidente degli Emirati Arabi Uniti ha nominato un responsabile dell’emirato di Abu Dhabi, Khalifa Al Mubarak , come nuovo presidente del club celeste. Sheikh Mansur ha sottolineato che vuole un City vincente sia in patria che in ambito internazionale.


L’ Abu Dhabi United Group & Investment ha acquistato il club nel settembre 2008 per 313 milioni di dollari: dieci anni in cui lo sceicco Mansour ha investito 1,5 miliardi di sterline sul mercato portando la squadra a vincere tre titoli di premier più qualche FA Cup.

Rimane storica una delle frasi dell’epoca di Noel Gallagher, ex leader insieme al fratello Liam degli Oasis e storico tifoso dei citizens:“È bello avere uno sceicco come proprietario: di ogni sterlina che un tifoso del Manchester United spende per il gas, sai che pochi spiccioli sono per noi e serviranno a comprare il prossimo campione”.

In realtà, al City ancor prima dell’emirato di Abu Dhabi, c’era un proprietario – non così ricco e potente – che apportava capitali esteri e precisamente l’ex primo ministro della Thailandia, Thaksin Shinawatra , una figura molto controversa che aveva sborsato sborsato 150 milioni di dollari per comprare il Manchester City dopo essere stato vittima in patria di un colpo di stato (una cosa da poco) e fuggì in Inghilterra da esiliato per scampare a tutta una serie di processi ancora aperti.

PORTSMOUTH

Questa è la storia di un altro fuggitivo (dalla giustizia ovviamente). Una storia che inizia a Tel Aviv, dove risiede la famiglia dell’imprenditore russo Alexander Gaydamak . Nel 2006 questo ragazzo di 29 anni acquista la metà del Portsmouth per 28 milioni di dollari e l’anno successivo completa l’acquisto rilevando l’altro 50% delle quote.

La sua fortuna arriva dalla culla, poiché è figlio di del magnate Arkady Gaydamak, che ha 4 passaporti oltre che un mandato di arresto ordinato dalla Francia per contrabbando di armi in Angola. E’ soprattutto un importante commerciante di diamanti e la sua azienda ha, per l’appunto, uffici nel Diamond Building, a Tel Aviv. Completano il suo profilo stravagante alcuni investimenti petroliferi in Siberia, delle cantine di vino in California e la proprietà del Beitar Jerusalem, il club più popolare nel campionato ebraico.

“Voglio chiarire che mio padre non ha alcun legame con il mio acquisto e la mia attività nel Portsmouth”: esordisce così il giovane Alexander. Pare infatti che il suo interesse per il calcio inglese passa dall’amicizia con Roman Abramovich , il quale gli consiglia di investire a Portsmouth per ringraziarlo di un contatto che il padre gli aveva procurato. Al Russo del Chelsea gli viene infatti presentato un  trafficante di diamanti vicino al Gaydamak Senior di cui Abramovich si servì per dei suoi interessi personali dell’epoca; inoltre questi vecchi contatti israeliani col senno di poi sembrano essere all’origine della cittadinanza che Tel Aviv ha dato al russo proprietario del Chelsea proprio nel 2018 dopo che gli è stato ritirato il visto Britannico.

Molto spesso i pettegolezzi (soprattutto se accompagnati da atti giudiziari giudici) ci dicono che questi milionari russi investono nei club per riciclare denaro la cui provenienza non è poi tanto trasparente.

Comunque nel 2008 il club arriva a vincere una storica FA Cup ma l’anno dopo Gaydamak porta il club sul baratro del fallimento e vende a ben 4 personaggi tra cui il russo Vladimir Antonov su cui pendono in quel periodo dei mandati internazionali per il fallimento di istituti bancari. Il club fallisce e riparte dalle serie minori e nel 2014 un fondo facente capo ai tifosi lo rileva. Perciò è al momento una storia a lieto fine.

IL SOGNO AMERICANO E’ ROSSO

Il Manchester United e il Liverpool, due delle squadre più storiche nella tradizione inglese del football, sono entrambe in mani americane. A Manchester, quando nel 2005 Malcolm Glazer arriva ci sono state manifestazioni di piazza contrarie alla nuova proprietà straniera. Glazer però è stato un profondo conoscitore del business legato all’intrattenimento sportivo tant’è vero che nel suo decennio – conclusosi in verità nel 2014 con la sua morte – il Manchester United oltre che vincere una Champions League non è stato mai fuori dal podio delle 3 squadre Europee più ricche (Fonte Deloitte Football Reviews).

Con il suo arrivo la maglia dei Red Devils si veste con la pubblicità di AIG: l’ American International Group , uno degli istituti che stava andando in bancarotta a causa di quella che fu la crisi dei mutui negli States. Se AIG non è crollato è perché il governo di George W. Bush ha spinto all’epoca per la sua nazionalizzazione con conseguente sospiro di sollievo dei tifosi dello United, visto che aveva messo nel club 90 milioni di sponsorizzazione…

Con la sua morte il club è stato ereditato dai figli che continuano comunque a tenerlo in buona salute ed addirittura nel 2017, la società di revisione Deloitte, lo ha inserito per la prima volta al primo posto nella classifica dei club più ricchi d’Europa dopo un dominio economico del Real Madrid durato ininterrottamente ben 9 anni.

DILLIDING, DILLIDONG…

Quando nel 2016 il Leicester diventa campione d’Inghilterra tutti gli appassionati di calcio festeggiano la cenerentola della Premier.

Solo l’anno prima si era salvata soltanto nelle ultime giornate di campionato dalla retrocessione in Championship e chiaramente nessuno poteva mai ipotizzare che una squadra il cui valore complessivo era quanto il cartellino e l’ingaggio soltanto di Pogba, Salah e Silva messi insieme…

E’ stato un miracolo sportivo ed economico per una città di soli 300.000 abitanti e che i bookmakers pagavano 5000 a 1 all’inizio del torneo.

Ad ogni modo il proprietario di quella squadra era uno degli uomini più ricchi al mondo così come indicato dalla rivista Forbes che lo ha inserito nella top 20.

Il thailandese Vichai Srivaddhanaprabha, mancato poco tempo fa per un incidente in elicottero mentre tornava da una trasferta delle Foxes contro il West Ham, rovina quell’anno i piani di tutti quelli che abbiamo nominato e che a suon di milioni investiti puntavano a vincere il titolo con tutti i ricavi in termini di sterline che ne conseguono.

Vichai ha preso nel 2010 una squadra che militava in seconda divisione ed in soli 6 anni l’ha resa regina del calcio britannico. Nel 2013, è famosa la cena in cui il presidente invita tutto lo staff ed i calciatori per comunicare loro che l’obiettivo del club da lì a breve sarebbe stato quello di vincere la Premier. Tutti quel giorno presero per pazzo quell’uomo che invece vedeva il futuro molto meglio dei fondi di investimento…

 

 

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