Juventus – Inter
La partita cade in un lungo week-end di dicembre con un area decisamente pre-festiva accompagnata da una sana adrenalina.
Non la scena di un crimine ma più semplicemente si gioca un classico del Calcio Italiano contemporaneo, il Derby d’Italia che contrappone le due squadre più seguite dai tifosi e con una forte tradizione sportiva.
Juve ed Inter arrivano a questo appuntamento con addosso lo smoking delle serate mondane, entrambe in ottima forma e con il calendario che si è divertito a regalare alla sfida un’attesa d’altri tempi.
L’inter è prima della classe, dopo due anni. Chapeau.
La Juve in lieve flessione rispetto alla abitudini, ma vittoriosa contro il Napoli solo 7 giorni fa al San Paolo. Un risultato ed una prestazione che hanno rinnovato le ambizioni bianconere che nell’incrocio del 9 dicembre potrebbero ulteriormente stravolgere i primi tre posti della classifica.
Con una vittoria, la Juve supera l’Inter di un punto e nell’attesa che il Napoli affronti la Fiorentina arriverebbe in cima alla classifica.
E’ indubbiamente il campionato più bello degli ultimi 10 anni, con un grado di incertezza ed una bagarre in vetta che raramente ricordiamo a questo punto della stagione. E ci piace.
L’inter vi arriva con un percorso lineare, preciso, quasi sotto traccia per come era finita ed era stata la scorsa stagione.
L’ennesimo uomo della svolta
Quando si parla di Inter non si può non considerare l’imprevedibilità insita nell’indole di questa squadra, capace di grandi conquiste in Italia e in Europa ma anche di clamorosi tonfi ad un passo dal traguardo.
Ci hanno provato in molti a dare una svolta nel post Mourinho – Mancini, Pioli e De Boer gli ultimi su tutti – ma i risultati non sono mai arrivati. Come ogni anno, l’Inter partiva tra le favorite per un posto in Europa, poi puntualmente a fine anno si ritrovava a programmare tra una delusione e l’altra.
Quest’estate, però, qualcosa è cambiato. È arrivato un toscano in panchina, dal carattere forte, uno che a Roma era stato fortemente criticato per la gestione di un’icona come Francesco Totti. Luciano Spalletti è stato presentato alla Pinetina come l’uomo della svolta, come uno dei pochi in Italia in grado di poter dare forma ad una squadra che l’anno scorso aveva fallito persino l’accesso alla cosiddetta “Europa dei piccoli”.
L’estate 2017 non ha portato acquisti di mercato in pompa magna come quelli dei cugini rossoneri, ma “solo” qualche innesto mirato per puntellare le zone più critiche: Skriniar in difesa per rimpiazzare un deludente Murillo, Borja Valero per dare fosforo alla mediana, Vecino per darle forza e interdizione mista alla garra sudamericana; più i vari Karamoh, Cancelo e Dalbert per concedere a Spalletti un’alternativa a Candreva e agli esterni bassi.
Un impatto da Grande Uomo al Comando
Allenamento dopo allenamento, tra una strigliata e un consiglio, il tecnico toscano ha plasmato lo spogliatoio nel migliore dei modi, allontanando gli elementi negativi e portando al centro del progetto un autentico crack come Maurito Icardi. Guardando la classifica attuale, l’Inter è seconda, davanti alla Juventus e alle spalle solo del Napoli delle meraviglie.
Alzi (virtualmente) la mano chi ad inizio anno nei bar adiacenti alla Pinetina aveva scommesso anche un solo euro su questa posizione all’inizio dei mesi più critici. I numeri sono (nettamente) dalla parte del tecnico tanto da scomodare il paragone con la prima Juventus di Conte: quella squadra veniva da una stagione nerissima che la consegnava perciò senza impegni in Europa e senza l’assillo dei favori del pronosticoe che riuscì a vincere la Serie A (la prima post calciopoli).
I parallelismi tra le due formazioni inaugurano la pletora di motivi per cui questa Inter è senza dubbio diversa dalle precedenti. A pesare in maniera importante è l’assenza di impegni europei. La “certezza” arriva da Maurizio Sarri, diretto concorrente per la corsa alle posizioni che contano: “L’Inter è una squadra forte, ha una società forte, e ha il vantaggio di fare 7 giorni di allenamento tra una gara e l’altra. Cosa che non fa nessuno in alto. Giocare una volta e non ogni tre giorni è un altro sport“.
In effetti, scorrendo la classifica, si può notare che tutte le “big” in testa devono preparare anche impegni di Coppa: tra Europa e Champions League è infatti necessaria una preparazione differente, una programmazione anche atletica diversa, che coinvolga non solo i titolari ma anche una rosa di papabili sostituti.
Ordine Tattico e capacità di valorizzare il Capitale Umano
Senza l’assillo delle coppe e senza i favori del pronostico, l’Inter di Spalletti è riuscita a lavorare in assenza di pressioni. Guardando però al passato, non sembrano così tante le differenze rispetto alle precedenti gestioni: gli uomini sono (quasi) gli stessi, coloro che “griffano” il tabellino non sono cambiati il modulo è molto vicino a quello dello scorso anno ma con l’interpretazione del ruolo riflette la mano dell’allenatore..
A trascinare la squadra è infatti un carattere ed un approccio diverso. L’exploit di un giovane promettente come Skriniar, che per ironia della sorte si chiama Milan ma ha scelto l’altra sponda del naviglio, ha rattoppato una difesa che si affida anche alle parate di un Handanovic in stato di grazia, le idee e il dinamismo dell’ex centrocampo viola hanno portato qualche idea in più ad un reparto che non aveva trovato il suo faro in un opaco Ever Banega o nel campione europeo Joao Mario.
Al resto ci hanno pensato “i tre” lì davanti: un Antonio Candreva che ha aggiustato la mira dei cross e dei passaggi (diventando uno degli assist man in vetta alla speciale classifica dell’attuale Serie A);
Ivan Perisic rimane sempre un giocatore che si accende ad intermittenza ma senza dubbio sa essere decisivo; ma è soprattutto, un Icardi sempre più uomo simbolo, sempre più decisivo sottoporta, sempre più one man show.
I meno attenti potranno obiettare che il segreto del successo neroazzurro sta in un’unica variante: palla a Maurito e il gol è dietro l’angolo. L’Inter in realtà è molto altro: è la capacità di pescare bene da una panchina profonda, è la volontà di un allenatore di gestire al meglio il gruppo, è la voglia di creare un 11 più o meno “fisso”, con pochi uomini da ruotare nel tentativo di dare continuità di prestazione e gioco.
Continuità di prestazioni e numeri importanti
Nelle ultime giornate, l’Inter non ha cambiato pelle: formazione simile a quella delle giornate precedenti, Icardi risolutore e difesa che riesce a barcamenarsi. Negli scontri diretti contro Roma e Napoli la difesa ha vacillato ma è riuscita a strappare una vittoria ed un pareggio (nel primo caso benedicendo la fortuna che ha fermato i giallorossi sul palo, nel secondo ringraziando un grande Handanovic); il derby è stato un autentico palcoscenico per il terminale offensivo sudamericano, i match contro formazioni ostiche come Torino e Sampdoria sono alle spalle grazie a prestazioni più o meno convincenti.
Ora l’Inter è lì, sembra non soffrire di vertigini come le sue precedenti versioni, ma la attendono sfide importanti. La prima è in programma per la prossima giornata: non tanto per il peso specifico del Chievo targato Inglese-Sorrentino, quanto per la probabile assenza di 3 protagonisti di questo inizio stagione: Miranda e Gagliardini, gli “uomini dell’equilibrio”, saranno squalificati, Vecino probabilmente salterà il match contro gli scaligeri a causa di un risentimento muscolare.
Spalletti avrà il suo bel da fare per inventare una formazione che non traballi. Il popolo neroazzurro spera che questa formazione non imploda come successo negli anni scorsi, ma dalle parti della Pinetina più di un tifoso comincia a scommettere su un piazzamento importante o su un sogno tricolore che manca dall’era Mourinho. Da un condottiero portoghese ad uno toscano, ora l’Inter può sognare di nuovo.
L’ Uomo di Certaldo deve ora dimostrare di essere un Vincente
La valutazione positiva dell’allenatore si riflette ovviamente negli ottimi risultati della squadra. E’ vero che guardando alla carriera di Spalletti a più riprese si è elogiato il modo di giocare delle sue squadre, ma sono oggettivamente poche le vittorie in un mondo dove i numeri contano ed i complimenti svaniscono.
A voler esser cattivi Spalletti ha vinto soltanto all’estero ed alla guida di una corazzata che anche il miglior Canà in quegli anni avrebbe portato al vertice. Quello Zenit ammazzava il campionato Russo per divario tecnico ed economico.
Manca a Spalletti la tradizione di vittorie benchè la sua interpretazione del ruolo ci restituisce un profilo di Allenatore Bravo e Preparato ma essere Vincenti è un’altra cosa ( più che io parlano i numeri).
Per dirla alla buona, l’Inter di Mourinho non ha vinto il triplete esprimendo il miglior calcio in circolazione, mentre Spalletti ad oggi, ha dimostrato di saper giocare un gran calcio ma di non saper vincere.
Siamo sicuri però che le motivazioni non gli mancano per poter zittire gli scettici e siamo tutti curiosi di capire dove può arrivare quest’anno.
Insomma non sempre essere bravo è sinonimo di essere vincente e, per dirla alla Mourinho, “non si parlerà dell’Inter, che ha grandissimi giocatori, se finirà la stagione con zeru tituli“.
Ai posteri.
Ho conosciuto la “Veronica” di Zidane e rimasto stregato dal Superclasico di Buenos Aires . Seguo più gli eventi sportivi da divano che quelli mondani da drink in mano.
what do you think?