Viaggio alle origini del gioco del calcio nel Paese più devoto al gioco del calcio
Ci sono pochi Paesi al mondo che possono vantare un altissimo livello di passione per il gioco del calcio abbinandolo a così tanti artisti del calibro di Maradona, Messi, Batistuta o Riquelme. Così come ci sono poche città al mondo che possono vantare un Superclasico come quello di Buenos Aires o un numero di derby davvero impegnativo per una sola città.
Nessuna Storia è Vera
A Jorge Luis Borges, padre della narrativa argentina contemporanea, è riconducibile uno degli aforismi più famosi di tutta l’America Latina ovvero che “gli argentini discendono dalle navi”: ciò a ribadire l’identità di un Paese in cui oltre il 90% della popolazione ha origini radicate nei grandi flussi migratori che a cavallo tra l’Ottocento ed il Novecento sono appunto sbarcati al porto di Buenos Aires provenienti soprattutto dai paesi latini dell’Europa.
Come conseguenza dell’emigrazione, molte volte abbiamo sentito dire di come furono gli emigranti inglesi a portare il calcio in Argentina e di come gli argentini abbiano rivisitato il gioco donandogli la passione e l’eleganza che i sudditi della regina non avevano. Lo hanno in pratica trasformato da “football” a futbol.
Ho letto però da qualche parte che “nessuna storia può definirsi vera” e che il rapporto tra storia e verità è molto spesso conflittuale. Ed infatti siamo davanti ad un falso storico, qualcosa di immateriale, di una voce tramandata negli anni fino a radicarsi nella memoria collettiva diventando una verità accettata. Eppure c’è un errore in tutto questo: non furono gli inglesi a donare il calcio agli ARGENTINI, ma furono in tutta onestà gli SCOZZESI.
Quello degli inglesi è solo un luogo comune.
Nell’ambito dei luoghi comuni è bello ricordare anche una celebre frase dell’Imperatore Spagnolo Carlo V che recita più o meno così:
“Parlo in spagnolo a Dio, in italiano alle donne, in francese agli uomini e in tedesco al mio cavallo”
E mentre qui si vogliono valorizzare i gusti dell’uomo per cui la lingua italiana va usata come tecnica seduttiva, la lingua tedesca usata per comandare, la lingua francese per la diplomazia, potremmo invece azzardare che al Dio del Calcio si parla in spagnolo ma con una forte cadenza portena.
Perchè Alexander Wattson Hutton è il padre del calcio Argentino
I primi inglesi arrivano a Buenos Aires nel 1840 spinti dal miraggio di una vita migliore in Sudamerica.
Durante la settimana tutti lavorano alla costruzione del Porto e della Ferrovia ma la Domenica è il giorno libero e tra connazionali è naturale ritrovarsi nei parchi dove con due sassi si costruisce una porta mentre con una vescica di mucca gonfia d’aria si cuce un pallone da calciare. Tutto questo proprio davanti allo sguardo degli Argentini che davano dei pazzi a quelli che correvano dietro la palla senza sapere che un giorno sarebbero diventati essi stessi un popolo di tradizione calcistica…
La prima partita ufficiale si gioca il 20 Giugno 1867 nel quartiere di Palermo esattamente dove oggi si trova il Planetario a pochi isolati dallo stadio attuale del River Plate. I fratelli Thomas e James Hogg, inglesi, finiscono sui giornali per aver organizzato una partita Bianchi contro Rossi ma quello sport è ancora considerato un’elite per i soli inglesi che frequentano i loro esclusivi club dove è, per statuto, addirittura vietato parlare la lingua spagnola.
Nel periodo compreso tra 1880 e 1882 arrivano al porto di Buenos Aires circa 500.000 immigrati ed è tra di loro che si confonde un certo Sir Alexander Watson Hutton: 30enne di Edimburgo che arriva per lavorare come preside del Saint Andrew’s Scots School di Buenos Aires.
All’arrivo, nella sua valigia vengono identificati 2 articoli che passano il controllo doganale con la nomenclatura ufficiale di “palle rotonde di cuoio e gonfiatore”.
Quello che è appena sbarcato in Argentina è un visionario che, grazie al suo spirito e alla sua determinazione, molti anni dopo ha permesso al mondo di godere dei Messi e dei Maradona e di tutti quei giocatori argentini che, anche se non ai livelli delle due leggende, ci aiutano a ricordarci ogni giorno come mai adoriamo questo gioco…
The Scotsman
Nel 1893 Alexander Watson, che nel frattempo è diventato Alejandro, fonda la prima Argentina Association Football League diventando di fatto il precursore dell’AFA (Asociación de Fútbol Argentino) visto che quella arrivata ai giorni nostri è esattamente la stessa associazione creata dall’uomo scozzese.
Non solo, nel 1898, Watson dà vita al Club Atlético English High School (CAEHS), ribattezzato Alumni Athletic Club, una squadra composta da ex alunni della sua scuola e che diventerà leggenda vincendo ben 9 dei primi 11 campionati argentini all’inizio del secolo scorso. Una tale collezione di trofei che oggi è migliorata solo dalla top five dei club professionistici della nostra epoca ovvero: River Plate, Boca Juniors, Racing Club, Independiente e San Lorenzo.
Il 20 Luglio del 1902, nella vicina Montevideo capitale di un ricco Uruguay, l’Argentina schiera la sua prima rappresentativa nazionale guidata dallo stesso Watson: una squadra composta per 5 undicesimi da giocatori dell’Alumni e con chiarissime origini scozzesi di nascita o di parentela. Un convincente 6-0 che possiamo immaginare fatto di possesso palla e verticalizzazioni.
Il marcatore del sesto gol era un certo Jorge Gibson Brown (ex allievo di Watson) e figlio di James Brown, emigrato da Greenock nel 1825. Brown faceva parte di una famiglia di calciatori che avrebbe continuato a svolgere un ruolo importante per il calcio albiceleste anche negli anni a venire, fino al 1986 quando il discendente José Luis Brown arriva a vincere la Coppa del Mondo in Messico insieme a Maradona (ma quella dei fratelli Brown è un’altra storia che meriterebbe di essere raccontata).
Anche il figlio di Watson, Arnoldo Watson Hutton, avrebbe giocato sia per gli Alumni oltre che per la nazionale argentina in più occasioni tra il 1906 e il 1913.
Andato in pensione nel 1911, lo stesso anno in cui la squadra degli Alumni si sciolse, Watson morì all’età di 82 anni nel 1936 e fu sepolto nel cimitero di Chacarita in città, dove la sua tomba è ancora visitata dai tifosi di calcio nei quali è ancora vivo il ricordo della sua eredità
Ho conosciuto la “Veronica” di Zidane e rimasto stregato dal Superclasico di Buenos Aires . Seguo più gli eventi sportivi da divano che quelli mondani da drink in mano.
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