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L’Artiglieria Cilena del duo Zamorano Salas

ZASA era il soprannome della coppia di goleador cileni Ivan Zamorano e Marcelo Salas ovvero la temibile artiglieria della nazionale sudamericana degli anni 90.
All’anagrafe ci sono 8 anni di differenza tra i due e mentre Salas usciva dall’adolescenza, Zamorano era già un attaccante affermato anche sul panorama europeo. Questo però non ha impedito, a questi due campioni, di capirsi alla perfezione quando giocavano insieme per la Roja.

E’ vero, malgrado la nazionale potesse contare all’epoca su un duo così forte, non sono arrivate vittorie. Per quelle bisogna attendere il 2015 ed il 2016, quando il Cile domina le edizioni della Coppa America. Eppure quella coppia di attaccanti ha suscitato un fascino calcistico ancora vivo al giorno d’oggi a quelle latitudini.

La loro diversità, può essere stato il motivo di una così perfetta sintonia?
Zamorano era letteralmente un vero numero 9. Nessuno ha amato quel numero quanto lui. Zamorano è stato anche un grande leader. Era un guerriero, giocava ogni partita con totale dedizione come se la sua vita dipendesse dal risultato. Trasudava patriottismo, era un cavaliere in battaglia ed ha dovuto lavorare sempre duramente per migliorarsi e trasformarsi in un attaccante completo per rispondere alle complesse dinamiche del calcio europeo.

In Salas ha trovato un compagno ideale, un talento più naturale.

Salas era diverso. Era un centravanti forte e potente. Tecnicamente dotato, aveva una velocità incredibile e poteva calciare praticamente da qualsiasi posizione e con qualsiasi piede.

Zamorano l’1+8

Ivan Zamorano è nato in una famiglia umile di Santiago, capitale del Cile, dove comincia a giocare a calcio nelle strade polverose del suo quartiere e crescendo come calciatore nel Cobresal. A 20 anni, con la squadra dei cosiddetti minatori, raggiunge l’apice della carriera nel suo Paese quando nel 1987 ha trascinato il club fino alla finale della Coppa del Cile. 12 reti in 14 presenze compreso quello della finale contro il titolatissimo Colo Colo e vinta da underdog.

Nello stesso anno esordisce con gol in nazionale contro il Perù. A questo punto Zamorano ha fatto qualcosa di insolito per i calciatori cileni dell’epoca: si è trasferito in Europa per migliorarsi e migliorare la sua carriera. La prima tappa? Poteva essere in Italia, più precisamente al Bologna, ma il club felsineo gli fa un provino e non ci crede, scartandolo.

Per Zamorano allora si aprono le porte di un campionato più modesto accordandosi con gli svizzeri del San Gallo. Ma è fuori scala. In due stagioni vince tutti i premi individuali e dopo 34 gol si trasferisce in Spagna. Due stagioni al Siviglia prima di approdare al Real Madrid dove ha trascorso i suoi anni più produttivi, formando una coppia letale con Michael Laudrup e vincendo una Coppa del Re ed un campionato conditi dal Trofeo Pichichi (assegnato al capocannoniere della Liga).

Nel 1996 arriva finalmente in Italia all’Inter, con cui vince una Coppa Uefa da protagonista e degno partner di Ronaldo il Fenomeno. E’ qui, in nerazzuro, che nel 1998/99 dopo l’arrivo di Ronaldo a cui cede la maglia numero 9, sulla sua divisa compare il segno + tra l’1 e l’8 [1+8]. Ha dovuto cedere il 9, per motivi di sponsor, al brasiliano più forte di sempre ma allo stesso tempo ha trovato un modo originale per comunicare che la sua natura era sempre quella di un 9 di razza.

Zamorano intanto è diventato anche il simbolo della sua nazionale. Il suo primo vero impegno con la Roja è la Coppa America del 1991 che il Cile affronta da protagonista trascinato proprio dalle prestazioni del suo numero 9. Con 5 reti è vice cannoniere dietro Batistuta. Stessa sorte per il Cile che perde la finale proprio contro l’Argentina.

Marcelo «El Matador» Salas

Salas è nato in una famiglia benestante ed è rapidamente cresciuto tra i ranghi di uno dei club più importanti del Cile, l’Universidad de Chile.
Era infatti considerato un giovane prodigio e la sua ascesa al vertice del calcio è stata molto più agevole di quella di Zamorano. Anche lui vince il primo titolo a soli 20 anni quando con 50 reti in due stagioni porta letteralmente da solo l’ Universidad de Chile a vincere due scudetti consecutivi nel 1994 e nel 1995.

Anche lui fa una scelta coraggiosa: si trasferisce in Argentina, Paese che storicamente non ama i vicini cileni e dove curiosamente nessun giocatore cileno era riuscito a distinguersi nella storia del calcio.

River e Boca si contendono il si del calciatore che addirittura in un primo momento parte per andare a firmare con il club Xeneize. Qualcosa però non va a buon fine ed arriva invece la firma con gli eterni rivali del River Plate. Malgrado il grande colpo non è però amore a prima vista con la gente del Monumental che a quanto pare non aveva gradito l’ammiccamento con il Boca Juniors. Il forte campanilismo tra Argentini e Cileni fa il resto.

Eppure, l’occasione per innamorarsi a vicenda arriva presto ed è il primo gol di Salas con la maglia dei Millionarios che romanticamente è nel superclassico in casa del Boca alla Bombonera.

La sua permanenza in Argentina è stata breve ma intensa. Non solo tanti gol ma tutti cruciali per vincere 3 campionati ed una supercoppa sudamericana. Con la soddisfazione di superare le barriere culturali diventando il primo calciatore cileno a vincere il titolo di miglior giocatore della Liga Argentina (1997).

Così come con i Club, Salas si è guadagnato una corsia preferenziale anche con la nazionale. Ha esordito a 19 anni, nel 1994, in un match contro l’Argentina e, come il predecessore Zamorano, ha bagnato l’esordio con il suo primo gol. Il suo vero test è arrivato durante la Coppa America del 1995 quando Zamorano era però indisponibile a causa di un infortunio. E’ tuttavia una spedizione da dimenticare per tutta la squadra che arriva ultima nel girone e nessun gol per Salas.

La nascita del duo ZASA

Nel 1996 il Cile, per la prima volta dopo oltre 20 anni, sognava di partecipare ad un mondiale dopo quello di Spagna ’82. L’ultima fase di qualificazione ad una Coppa del Mondo cui il Cile aveva partecipato era stata nel 1989 per Italia 90. Tra il drammatico ed il ridicolo la squadra cilena si era resa protagonista dello scandaloso incidente del Maracanazo quando Roberto Rojas, il portiere cileno, aveva finto un infortunio, o meglio si era accasciato a terra auto procurandosi un taglio simulando di essere stato colpito da un petardo proveniente dalle tribune.
Lo scopo era di ottenere la vittoria a tavolino. Questo incidente aveva escluso il Cile, oltre che per la corsa ad Italia ’90, anche dalle qualificazioni di Usa ’94.

Nel 1996 c’era quindi un’intera nazione vogliosa di tornare a competere per un obiettivo affascinante come la partecipazione ad un Mondiale.
Il Brasile aveva vinto il Mondiale americano del 1994 ed in questo modo si era garantito il posto per quello di Francia ’98 senza passare dalle qualificazioni.
Per le altre squadre latinoamericane, questo scenario presentava due vantaggi:
1: il lusso di evitare sul percorso di qualificazione forse la migliore squadra del mondo;
2. una maggiore possibilità matematica di qualificazione, poiché solo nove squadre della regione si contendevano quattro posti.

Tuttavia, il format era nuovo: ogni squadra doveva giocare in casa e in trasferta. Ciò significava un programma di partite estenuante che durava oltre 18 mesi.

Il Cile di quegli anni aveva in Zamorano il suo giocatore di punta. Alla soglia dei 30 anni giocava a grandi livelli in Europa e questo non lo aiutava visti i lunghi voli e le trasferte intercontinentali per andare a giocare con la nazionale nel bel mezzo di un già fitto calendario con la squadra di club.

L’altro, Salas, era considerato ancora acerbo ed il sorteggio aveva inoltre regalato al Cile una partenza in salita con 6 trasferte nelle prime 8 partite.

E’ così che a metà del percorso il Cile arrancava a nove punti dalla qualificazione e le speranze di essere tra i primi quattro stavano svanendo. È stata a questo punto l’inizio della bromance tra Zamorano e Salas a cambiare tutto. Zamorano rifila subito 5 gol alla cenerentola Venezuela, mentre Salas si completa con il compagno di reparto marcando due triplette contro Colombia e soprattutto Perù. I gol a raffica della ZASA insieme alla combinazione di risultati fa guadagnare al Cile il Pass per Francia 98 proprio pe differenza reti e tanto basta per entusiasmare un Paese intero che si riaffaccia al Grande Calcio.

Tour de France

Ai Mondiali del 1998, il Cile, era inserito nel Gruppo B, insieme a Italia, Austria e Camerun. La partita d’esordio è proprio contro l’Italia ed il Cile è subito sotto dopo 10 minuti per un gol di Vieri. In questo torneo Salas non ha forse gli occhi addosso ma ci pensa lui a farseli puntare con una doppietta che ribalta il risultato. Alla fine un rigore trasformato da Roberto Baggio priva il Cile della vittoria, ma la prestazione ha infuso fiducia nei cileni.

La partita successiva Zamorano e Salas si trovano a meraviglia con il primo che non va in rete solo per le grandi parate del portiere avversario. È Salas a confermarsi invece goleador portando in vantaggio la roja. La partita è maschia e rimane in bilico fino a quando l’Austria non trova un gol al 90mo che fissa il risultato in un pareggio per 1-1.

La terza partita del girone contro il Camerun era decisiva. Anche in questo caso il Cile è andato in vantaggio ma si è fatto recuperare con il gol di una vecchia conoscenza del calcio italiano: Patrick Mboma. Il pareggio del Cile e la simultanea sconfitta dell’Austria contro l’Italia regalavano al Cile il passaggio alla fase ad eliminazione diretta ed era solo la seconda volta che la roja raggiungeva tale traguardo.

L’ottavo di finale mette la ZASA davanti al Brasile campione uscente. Forse una delle nazionali più forti di sempre e piena di stelle: Cafu, Roberto Carlos, Dunga, Rivaldo, Bebeto e Ronaldo. Il Cile ha perso per 4-1 ed onestamente non poteva succedere un altro miracolo. Zamorano ha aiutato Salas a segnare un gol che poi è servito al Matador per vincere la cosiddetta Scarpa di Bronzo arrivando terzo nella classifica dei cannonieri del torneo.

Delusi, ma non affranti, i cileni ringraziavano la loro artiglieria di attaccanti che aveva comunque contribuito a rendere orgoglioso un Paese sulla scena del calcio mondiale.


Tutto ha una fine

Il palcoscenico del mondiale francese ha spinto il “Matador” verso la Lazio che lo ha portato in Italia nell’estate del 1998. La Lazio di allora era una squadra di metà classifica e Salas ha portato una nuova identità. Nella sua stagione d’esordio, la squadra capitolina ha vinto quella che fu l’ultima edizione della Coppa delle Coppe oltre che la Supercoppa UEFA 1999 grazie proprio ad un gol del cileno che ha battuto il Manchester United.

La stagione successiva i biancocelesti hanno vinto lo scudetto alla fine di una bellissima remuntada con protagonista una squadra piena di stelle e di cui Salas era un terminale feroce. Salas è stato fondamentale per i successi della Lazio, diventando capocannoniere del club in Serie A per due stagioni consecutive. Come nel River Plate, anche nella Lazio era diventato una leggenda.

Nell’estate del 1998 Zamorano era già un giocatore dell’Inter e forse ha già vissuto il meglio dell’esperienza nerazzurra nelle stagioni precedenti quando è stato protagonista di due cavalcate europee in Coppa Uefa. L’attaccante è andato a segno nelle due finali consecutive disputate dall’Inter con quella della stagione 1997/1998 vinta al Parco dei Principi proprio contro la Lazio che ancora non era quella di Salas.

L’estate del 1998 segna dunque l’inizio della discesa per la carriera di Zamorano mentre sembra iniziare la fase più vincente per la carriera di Salas.

Dopo le vittorie con la Lazio, Salas infatti passa alla Juventus pronto a raggiungere nuove vette. All’età di 27 anni, era pronto a riscrivere la storia. Il destino, però, aveva altri piani. Ha dovuto sopportare tre stagioni piene di infortuni a Torino, con un totale di appena 32 partite anche se può annotare 2 scudetti ed una Supercoppa italiana.

Zamorano ha preso una decisione più sensata. Considerando la sua età e il declino, si è ritirato dal calcio internazionale come miglior cannoniere nella storia della nazionale cilena: 34 gol in 69 partite. Per allungare la sua carriera ha optato di tornare in Sudamerica in un campionato meno competitivo trasferendosi in Messico al Club America. La firma ha ringiovanito la carriera di Zamorano, che si è ritrovato costantemente in testa alla classifica marcatori ed ha aiutato concretamente la sua squadra a vincere il campionato di Clausura nel 2002.

Zamorano ha appeso le scarpe al chiodo nel 2003, ma non prima di aver avuto un breve periodo di successo nel suo club d’infanzia preferito, il Colo Colo, realizzando così il suo sogno di giocare per la squadra di cui era tifoso.

Salas ha invece avuto un finale di carriera che forse non meritava.
Nel tempo Salas ha cercato di ritrovare forma e condizione fisica tornando ai suoi vecchi amori: prima al River Plate e poi all’Università del Cile. Ha lottato con problemi fisici per il resto della sua carriera, ritirandosi definitivamente nel 2008. Tuttavia, ha la particolarità di aver vinto lo scudetto con ogni club per cui ha giocato.
È un vero peccato che gli infortuni abbiano impedito al mondo di godere del vero potenziale di Marcelo Salas.

Benchè i due fossero molto simili nel loro stile di gioco, sono stati capaci di diventare complementari. Zamorano si è messo al servizio del talento naturale di Salas, modificando in nazionale il suo gioco ed andando ad attirare a se i difensori nel tentativo di creare spazi per il compagno.
La ZASA ha deciso di conquistare l’Europa riuscendoci. Zamorano è ancora considerato uno dei grandi attaccanti del Real Madrid. Salas è altrettanto famoso per il suo trascorso italiano. Ma più di questo, è il loro incessante desiderio di brillare per il proprio Paese che li ha resi immortali.

Molto più tardi, alla Coppa America 2015, il Cile ha vinto il suo primo trofeo internazionale. Molti dei membri di quella squadra vincente hanno confessato di essere stati ispirati da questi due grandi figli della nazione. Così, la leggenda della ZASA continua a vivere, ispirando generazioni di cileni a sognare in grande.

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