Il 2016 sembra rappresentare la fine di tutto per Roger, d’altronde la carta di identità recitava 35, un’età in cui chi pratica attività sportiva ai massimi livelli tende progressivamente a ritirarsi dai grandi palcoscenici o comunque per selezione naturale, inizia a scomparire dal radar della top 10 del ranking mondiale.
Quando sembrava l’inizio della fine
L’anno orribile del campione svizzero è un susseguirsi di ritiri e problemi fisici, confermati con l’annuncio al termine degli Australian Open via Facebook dell’avvenuta operazione in artroscopia al ginocchio per la rottura del menisco. Quindi i primi forfait, più o meno eclatanti quali Indian Wells, torneo di Rotterdam e Dubai, ma quello che più farà scalpore sarà la decisione di non partecipare al Roland Garros che costituisce di fatto la rinuncia ad uno Slam, dopo 65 presenze consecutive.
Il corpo sembra accontentarsi di quanto già conquistato nei lunghi anni di attività agonistica, il cuore non ci sta e chiede di più. Federer non può che dare ascolto a quest’ultimo, dopotutto non è facile arrendersi per chi nella sua vita sportiva ci ha abituato a cose straordinarie.
L’uscita di scena, ufficializzata tramite social il 26 luglio 2016, è un arrivederci, Roger capisce che non aveva senso continuare a trascinarsi, vivendo nella mediocrità di risultati.
In un’intervista ha rilasciato questa frase che spiega il segreto della sua longevità agonistica “Devi sentire i segnali del tuo corpo… ci sono modi diversi per stare in salute”.
Da qui la svolta, necessaria: recuperare la migliore condizione fisica stando lontano dal terreno di gioco, nuove metodologie di allenamento e nuovo regime alimentare; l’alimentazione è improntata su una buona dose di carboidrati da assumere nella prima parte della giornata – quella che precede l’allenamento – che deve accompagnare tutti i pasti principali ed intermedi dell’atleta; a differenza di altre alimentazioni sportive, la cena è frugale basata soprattutto sul consumo di verdure e fonti proteiche miste, con una dose di carboidrati minima o addirittura nulla, a seconda della vicinanza ravvicinata o meno di un nuovo torneo.
Dal 2016 Ivan Ljubicic è il suo nuovo allenatore, il quale ha saputo aspettare la piena disponibilità fisica ed atletica di Federer per imprimere la sua idea tattica nei 6 mesi di pit-stop forzati, uniformata ad una serie di allenamenti intensi ma ragionati, con periodi di riposo più lunghi; come ha spiegato lo stesso atleta, fisicamente non si ha più la freschezza dei primi esordi quindi occorre scegliere con cura i tornei alla quale partecipare, privilegiando i Grandi Slam ed i circuiti minori di preparazione.
Decisione più che mai ponderata, quella di non prendere più parte ai Masters 1000 su terra rossa, in quanto eccessivamente logoranti per il corpo: l’obiettivo ad inizi 2017 è chiaro, tornare a riprendersi il “giardino di casa” di Wimbledon, rinunciando senza troppi patemi a Montecarlo, Madrid, Roma e nuovamente il Roland Garros.
Il 2017 è stato ricco di soddisfazioni.
La stagione si è aperta sui campi di Melbourne, in cui la vittoria sembrava essere esclusivo appannaggio del duo Murray-Djokovic. Roger complice la lunga assenza dai campi che lo ha trascinato fuori tabellone è partito come testa di serie numero 17, ma questo non sembrava preoccuparlo. Fisicamente sta bene, non ha alcuna pressione su di sé, il suo sguardo è rilassato e concentrato molto più di quanto ci voglia far credere; guarda gli avversari con il solito aplomb, sapendo di avere una consapevolezza tecnica e mentale superiore, quasi a voler dire: qualunque cosa succeda oggi in campo, voglio che resti un copione scritto da me e soltanto da me.
Nel torneo non ce n’è per nessuno, il nuovo gioco aggressivo e ponderato del “Re Roger” lascia una manciata di game al nuovo fenomeno della Next Gen il tedesco Mischa Zverev (il quale aveva avuto il merito di eliminare uno dei principali contendenti al titolo come Andy Murray), vince in semifinale al 5° set contro il nemico-amico Stan Wawrinka ed in finale infligge all’avversario di sempre un 6-3 all’ultimo dei 5 giochi disputati, dopo essere stato sotto di un break nel set decisivo.
Già, quel Rafa Nadal con la quale si è battuto per il primo posto nelle classifiche mondiali dal 2005 al 2010, con una breve alternanza dall’agosto 2008 al luglio 2009 in cui lo spagnolo sembrava averne di più, fino a quando la meritata vittoria di Roger su terra rossa parigina proprio nell’estate 2009 ha riportato le cose al loro ordine naturale.
Dopo un inatteso stop nel torneo minore ATP 500 Dubai, in cui lo svizzero viene sconfitto 2-1 a sorpresa dal russo Donskoj numero 116 del ranking con due tie break decisivi, Federer non si scompone e continua a lavorare a testa bassa vincendo il primo Masters 1000 stagionale di Indian Wells superando agilmente i semi-sconosciuti Robert e Johnson nei primi due turni, approdando di fatto ad un’altra sfida con Nadal che viene annientato 6-2 ; 6-3 agli ottavi. Da qui in avanti, tutto in discesa compresa la vittoria in finale sul connazionale Stan Wawrinka 6-4 ; 7-5.
Sulle ali dell’entusiasmo [Calcolato]
Il successivo Masters 1000 di Miami è la fotocopia di quanto già raccontato, tutto secondo copione: l’obiettivo è arrivare al top di forma per gli imminenti tornei sull’erba di Stoccarda, Halle e soprattutto Wimbledon.
A Miami, anche a fronte di un tabellone difficile che prevedeva lo scontro con la potenza di Juan Martin Del Potro e l’intelligenza tattica di Berdych e Nick Kyrgios, Roger approda in finale contro il solito Rafa.
Anche qui nulla da dire: 6-3 ; 6-4 in un’ora e mezza e 91° titolo in carriera.
Il salto a piè pari di tutti i tornei su terra rossa non scalfisce la concentrazione del fenomeno elvetico il quale si presenta pronto ai confronti sull’erba. Quasi pronto a dire il vero, vista la sconfitta a Stoccarda nel turno d’esordio per mano dell’ormai ex-giocatore Tommy Haas – scivolato alla posizione 300 del ranking – con una sconfitta per 2 set a uno.
Ma è difficile togliere morale ad un giocatore granitico come Federer, il successivo torneo di Halle ne è la prova: Roger lo vince per la nona volta in carriera, portando a 92 i titoli conquistati.
Trionfa a Wimbledon in un clima di entusiastico sconcerto, giustificato dal fatto che nessuno mai si sarebbe aspettato che a 36 anni ed a distanza di 14 anni dalla sua prima affermazione in questo Slam, un atleta potesse raggiungere questo obiettivo.
Ma qui non ci è permesso di parlare di ordinarietà, qui si parla di Roger Federer.
Non lascia un set agli avversari, annienta giocatori come Dimitrov, Raonic, Berdych e strazia un goffo Marin Cilic in finale il quale ha più potenza che costrutto tecnico-tattico.
Porta a casa il suo 19° Slam, arrivando a 321 vittorie ottenute in queste competizioni superando Serena Williams.
A seguire vince anche il Masters 1000 di Shangai ed l’ATP 500 di Basilea.
Il primo ha un che di storico vista la quarta sconfitta su quattro – per di più nella finale del torneo – dell’eterno rivale maiorchino il quale ora dovrà lavorare molto sul suo status mentale se non vuole che i prossimi face-to-face con l’asso svizzero causino un vero e proprio blocco psicologico.
Il secondo è il ritorno a casa: la vittoria tra le mura amiche, guidato dal suo pubblico, gli viene facilitata da un tabellone complessivamente abbordabile, in cui solo la finale col solito Del Potro gli procura qualche grattacapo in più ma vince 6-7 ; 6-4; 6-3 senza dannarsi troppo l’anima.
Con il 95esimo titolo in carriera e 7° titolo soltanto nel 2017, Roger ha riposato nel torneo Masters 1000 di Parigi Bercy ed anche se la degna conclusione dell’anno per le Finals di Londra, non è stata la ciliegina sulla torta, credo che è un dettaglio di cui non si è accorto nessuno.
Grazie Roger
Ho conosciuto la “Veronica” di Zidane e rimasto stregato dal Superclasico di Buenos Aires . Seguo più gli eventi sportivi da divano che quelli mondani da drink in mano.
what do you think?