“Se un giocatore con quelle caratteristiche fisiche arriva in serie A, vuol dire che ha una grinta tale che può scalare le montagne”. (Cesare Prandelli)
Oppure:
“Giovinco è davvero bravo. Non lo scopro certo io, ma è molto bello giocare con lui. Assomiglia un po’ a Del Piero, per carità Alex è unico, ma Giovinco è quel tipo di giocatore lì ed ha molti punti in comune con lui”. (Mirko Vucinic)
EPPURE:
a soli 28 anni, in piena maturità tecnica ed agonistica, Giovinco decide di trasferirsi nella Major League Soccer Americana, di fatto dicendo addio in modo consapevole al calcio che conta. E noi? Non è che senza renderci conto ci siamo persi qualcosa?
Esempio del concetto di Manifesta Superiorità
Sebastian Giovinco è indubbiamente uno dei giocatori italiani più talentuosi mai visti solcare un campo da calcio negli ultimi anni.
Non è la voce di qualche sportivo nostalgico a sostenerlo, sono i risultati conseguiti già ad inizi carriera a poter parlare per lui: il giocatore ha seguito fedelmente tutta la trafila nelle giovanili della Juventus con la quale nel biennio 2005-2006 ha vinto Torneo di Viareggio e Campionato Primavera – dove tra l’altro – vince il titolo di miglior giocatore del torneo.
Dopo il prestigioso double, a soli 20 anni debutta con la prima squadra nella serie cadetta a fianco di Trezeguet contribuendo a stravolgere gli equilibri delle partite con la sua dinamicità, fantasia e tecnica individuale. Il campionato italiano si è finalmente accorto di lui ed in serie A lo richiedono diverse squadre; il suo cuore batte a Torino sponda bianconera, ma pur di proseguire con continuità nel processo di maturazione calcistica decide umilmente di accasarsi in provincia per trovare più spazio, con la prospettiva di un roseo futuro in patria.
Nel 2007 va ad Empoli dove consegue i primi risultati personali nella massima serie, quindi rientro alla Juventus l’anno dopo dove in 2 campionati colleziona meno presenze di quante ne avesse fatte l’anno prima in Toscana, quindi la decisione – praticamente forzata – di riaprire le valigie e cambiare aria; a Parma trova la sua consacrazione calcistica, gioca con continuità come trequartista e seconda punta al fianco di Bojinov prima e di Pellè poi, giocatori di una certa fisicità con la quale riesce ad integrare perfettamente la sua rapidità nello stretto dando grande qualità alla manovra, nell’ultimo passaggio e nella finalizzazione.
I 22 gol realizzati con il Parma nel biennio 2010-2012 non convincono la Juventus, Del Neri ha troppa poca dedizione nel capire dove posizionare tatticamente il giocatore dunque lo schiera prima a sinistra, poi a destra, poi come seconda punta senza mai riuscire ad integrarlo nel progetto; Conte sembra intenzionato a dargli più importanza comprendendo le sue capacità come supporto al terminale d’attacco, ma in breve lo relega a semplice innesto e Giovinco colleziona solo spezzoni, perdendo progressivamente fiducia in sé stesso e nell’ambiente Juve, un affetto mai veramente corrisposto.
Quindi la drastica decisione nel 2015, a soli 28 anni approda in MLS un campionato decisamente meno competitivo di quelli europei, con un livello tecnico decisamente limitato, un torneo reso interessante solo da qualche passerella di fine carriera di alcuni grandi calciatori del recente passato come Villa, Pirlo, Kakà e tanti altri.
Qui si toglie grandi soddisfazioni professionali, mette a segno 65 gol in poco più di 100 presenze, batte ogni record della giovane società calcistica di Toronto, vince a ripetizione il premio come miglior giocatore della settimana nonché di tutta la competizione.
Peccato comprendere appieno solo ora e solo a questa distanza la sua qualità tecnica, purtroppo il campionato italiano ancora non è riuscito a staccarsi da vecchi dogmi tattici legati all’utilizzo persistente di 2 attaccanti più fisici e statici, a scapito di giocatori brevilinei da impiegare come seconde punte o trequartisti; oggi chi più si sta avvicinando a questa maturazione tattica è il Napoli di Sarri, con l’idea del ‘falso nueve’ di scuola prettamente blaugrana.
Già il Barcellona…
Chi non è riuscito a capire il calciatore, inizi quanto meno a capire l’uomo che c’è dietro, emblematiche le sue dichiarazioni rilasciate con una lettera aperta in cui ha rivendicato soltanto il diritto giustificato di giocare e di essere protagonista; nessuna frase fuori posto per chi non lo ha considerato come avrebbe dovuto, da parte sua solo qualche rammarico per aver perso la Nazionale, perché si sa, il commissario tecnico italiano non è mai troppo propenso a guardare al di là del proprio orto e di questo purtroppo, ne era tristemente consapevole quando ha deciso di emigrare.
La sua umiltà lo porta a dire che quell’interesse del Barcellona lo avrebbe portato a nuova panchina, perché lì avrebbe fatto solo il raccattapalle; non scopriremo mai se quelle parole potessero trovare verità, ma è certo che in quel Barcellona dal grande tasso tecnico e tattico… ed azzardo col dire che difficilmente avrebbe sfigurato.
Ho conosciuto la “Veronica” di Zidane e rimasto stregato dal Superclasico di Buenos Aires . Seguo più gli eventi sportivi da divano che quelli mondani da drink in mano.
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