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Salah è Grande. Il lato integralista del campione egiziano

Salah è il nuovo idolo del popolo egiziano, stimato per il suo talento calcistico cristallino, adorato per quel rigore trasformato al 94’ nella partita contro il Congo che ha portato l’Egitto a giocarsi un Mondiale di calcio dopo quasi 20 anni.
Ma forse ci sono altre motivazioni che ci portano a ritenere Momo come il nuovo faraone dell’età moderna.
Nelle sue stesse parole, Salah ha descritto la qualificazione alla Coppa del Mondo in Egitto come uno dei punti salienti del suo anno, e forse di tutta la sua carriera.

Il Faro di Alessandria

L’antica città di Alessandria d’Egitto annoverava una delle sette meraviglie del mondo antico appunto il Faro di Alessandria, ritenuto una delle realizzazioni più avveniristiche della tecnologia in epoca ellenistica. Situato di fronte al porto della città aveva lo scopo di illuminare e guidare il cammino delle navi.

Secoli dopo, in quella città ed in un contesto diverso, Mohamed Salah è stato faro e guida della sua Nazionale portandola ad un traguardo storico.  È stato l’eroe di una notte indimenticabile segnando due volte in quello stadio che ha visto l’Egitto guadagnarsi l’accesso ad una fase finale di un mondiale dopo Italia 90. I faraoni battono il Congo per 2-1 in una partita molto nervosa.

Il goal del definitivo vantaggio manda in estasi gli 80.000 che fanno tremare a quel punto lo stadio Borg El Arab nella seconda città più grande d’Egitto. In generale i suoi cinque gol ed i due assist nelle qualificazioni sono stati fondamentali per portare l’Egitto alla fase finale del Mondiale in Russia.

Nella vita privata il ragazzo è timido e riservato, il giocatore a Roma ha vissuto nelle verdi campagne appena fuori città vicino Trigoria, privilegiando una vita tranquilla, in compagnia della sua famiglia e dell’inseparabile Corano, fonte di ispirazione per i suoi pensieri ed il suo credo.

L’UOMO TRA CALCIO E RELIGIONE

Salah è musulmano e non è stato raro vederlo esultare ringraziando Allah:  in Italia ricordiamo la doppietta in Coppa Italia contro la Juventus oppure la prima rete in Serie A con la maglia della Fiorentina al suo arrivo entrambi i momenti festeggiati inginocchiandosi con la fronte a terra in un classico inchino al suo Dio. 

Con i suoi atteggiamenti è sempre riuscito a fare molto rumore, eclatanti i suoi gesti avvenuti con fredda naturalezza come la scelta di non dare la mano agli avversari israeliani del Maccabi Tel Aviv in Champions League con il Basilea. E nel ritorno la personale battaglia con il pubblico di casa che lo ha fischiato per tutta la partita e lui lo ha zittito con una doppietta festeggiata pregando e zittendo il pubblico.

dal  secondo 10 al secondo 16 capite di cosa stiamo parlando

Anche la scelta della maglia della Fiorentina con il numero 74 – esattamente come il numero di morti avvenuto nel massacro a sfondo politico, presso lo stadio egiziano di Port Said nel febbraio 2012 – e lo smisurato ardore agonistico messo in campo contro certi club di derivazione e mentalità filo-sionista come lo stesso Maccabi e Tottenham.

L’atteggiamento di Salah tuttavia rimane indecifrabile anche sul caso politico più controverso degli ultimi anni, nell’Aprile 2016 la Lega Calcio aveva deciso di far scendere in campo le squadre con lo striscione “VERITA’ PER GIULIO REGENI“, in cui il popolo italiano si aspettava – ed attende tuttora – spiegazioni da parte delle autorità egiziane in merito alla misteriosa morte dello studente friulano.

In quell’occasione i media egiziani si erano detti certi della partenza del giocatore da Roma nel caso in cui questa manifestazione di solidarietà attuata dalla Lega Calcio si fosse concretizzata (poi non successe),ed il calciatore mai prese una posizione di conferma o di smentita a riguardo.

Tali gesti non sono rimasti indifferenti alla popolazione egiziana, la propaganda giornalistica nazionale strumentalizza ogni parola detta dal loro idolo calcistico, anche per una semplice frase con cui Salah suggerisce ai bambini di “crescere cercando la realizzazione dei propri sogni“, può diventare un messaggio a credere nei valori patriottici che l’Egitto vuole trasmettere come famiglia e religione.

Difficile scindere l’uomo dal calciatore, in campo Momo esprime tanto, ma fuori dal rettangolo di gioco non parla mai di politica, mai di religione, lascia che gli altri parlino per lui, senza confermare, senza smentire. Dice che vuole essere il migliore egiziano di sempre e che lavorerà duro per conseguire l’obiettivo preposto, questo lascia spazio ad una molteplicità di interpretazioni e ciascuno ne rivendica il significato a modo suo, popolo islamico compreso.

In questo senso continua a collezionare premi su premi in Premeir League: è il primo giocatore egiziano a vincere il premio di giocatore del mese, è il miglior piede sinistro della storia del campionato ed il suo cartellino lievita di giorno in giorno attirando le mire di club galattici come il Real Madrid…
Al Liverpool sta vivendo una stagione incredibile!

Mai successo nell’età calcistica contemporanea che un giocatore potesse avere una tale risonanza politica e religiosa, capace di sprigionare una serie di assensi e dissensi soltanto con semplici e consapevoli gesti; mai avvenuta una tale dissonanza di intenti e di comportamenti, tutti sanno l’orientamento del calciatore, tutti conoscono le sue passioni e le sue aspirazioni, ma nessuno ne ha mai avuto la piena certezza, il calciatore non ha mai fatto dichiarazioni aperte a favore dell’Islam, anzi si è trovato nella condizione di smentire le frasi a lui attribuite circa la volontà di segnare a tutti i costi contro squadre ebree per evitare che il vessillo sionista potesse continuare a sventolare.

Momo Salah, il nuovo faraone adorato dalla madre Patria, in grado di correre così veloce da fuggire alle critiche, alle supposizioni, alle false dichiarazioni. Il nuovo leader silenzioso il quale, consapevole o meno, sta dando al suo popolo non certo le nuove linee guida politiche o religiose, ma solamente un sogno da vivere ai prossimi Mondiali da protagonisti.

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